Ho chiesto a Madonnafreeeda perché i suoi meme mi restano attaccati addosso
Tutto il content appare e svanisce, tranne i suoi. Come funziona la testa di una delle pagine più potenti dell'instagram italiano.
Ho iniziato a parlare con madonnafreeeda rispondendo a una sua story e consigliandole di aprire partita iva; la cosa deve esserle sembrata talmente assurda (chi mai consiglierebbe a chi la partita iva?) che in qualche modo abbiamo conversato un po' sul lavoro, sull'incertezza, sull'invidia che provo per il suo talento memetico, estetico e di scrittura. Finché non le ho chiesto di farle qualche domanda per una cosa che assomigliasse a un'intervista, per capire come funziona la testa della persona che fa quei meme.
Madonnafreeeda, per chi scrive, è il più riuscito esperimento comunicativo di sinistra extraparlamentare, anche se sono certo che lei rifiuti questa definizione. Nasce dai valori umanitari, anticapitalisti, laici, atei che spopolano nella mia bolla, ma li declina rifiutando la retorica indignata e rassicurante di chi sente il proprio equilibrio minacciato. Anzi, attacca spietata e cinica, minando le certezze incrollabili della sua stessa base, stuzzica i sensi di colpa e i nervi scoperti di chi ama credersi nel giusto. E lo fa tramite i meme.
Insomma, a costo di dire una forzatura, è tutto ciò che voterei.
Non è stato facile fare questa intervista, e non certo per colpa sua, ma perché ho faticato a mettere a fuoco ciò che volevo uscisse, e cioè la curiosità stessa che ho nei confronti di come funziona il suo cervello. Ogni domanda era complicata da mettere giù scritta in modo chiaro e comprensibile, e ogni sua risposta apriva una serie di diramazioni che avrebbero portato in strade senza ritorno. Perché il content è qualcosa che letteralmente ci scrolla addosso lasciandoci poco o niente, dopo la snoffata, la lacrima di commozione o l'irritazione di pochi secondi, per poi lasciare spazio al content successivo mentre la nostra soglia dell'attenzione invecchia precocemente. E invece le cose di madonnafreeeda le incroci nel feed e ti restano addosso. Un po' perché in fondo io rappresento l'archetipo del privilegio: maschio, bianco, eterosessuale, vivo e lavoro nel paese in cui sono nato e di cui ho la cittadinanza, cresciuto da una famiglia autoctona e benestante che si è fatta carico dei miei studi ben oltre l'obbligo, e se oggi faccio un lavoro qualificato di cui trovo pure il tempo di lamentarmi lo devo solo in parte alla fatica che ho fatto io, ma per larga parte a una serie di fattori che si sono allineati. Quindi il mondo di madonnafreeeda parla a me e mi ricorda che sono solo nato dalla parte giusta della storia e della carta geografica, e che quindi la sicumera con cui credo di essere nel giusto dovrebbe quantomeno considerare uno spettro più ampio del solo mio vissuto. Per questo a volte i suoi meme mi feriscono e mi fanno incazzare, per questo a volte non sono d'accordo con lei, e in fondo la politica, come la comunicazione, dovrebbe servire a questo.
Parto con una domanda noiosa: dove (o come) ti sei formata politicamente? Cioè quali sono gli eventi o i personaggi fondativi della tua coscienza politica?
Mi sono formata alla famigerata scuola della vita, background migratorio e classe lavoratrice, in un paesino di venticinque mila anime essere immigrata e non vestire di marca è un processo con due possibili esiti: o lotti per affrancarti dalla condizione che ti provoca dolore, risenti la tua appartenenza, abbracci la via del farti da sola, oppure diventi "la comunista" candidata al consiglio di istituto che poi finirà nei collettivi e nei circoli Arci, che non ha mai trovato nell'emancipazione individuale un riscatto soddisfacente. Non mi vengono in mente eventi particolari. Personaggi sicuramente, perlopiù professori tra medie e liceo, non à la Robin Williams nei suoi film ma persone con una sensibilità che rispondeva e stimolava la mia.
È cambiato qualcosa nel paesino di venticinquemila anime nel modo di rapportarsi agli immigrati nel frattempo? Credi che arrivando da qualche altra parte le cose sarebbero andate diversamente? Domanda retorica, me ne rendo conto, perché è ovvio che il posto in cui vivi abbia un'enorme influenza su come si forma la tua coscienza, ma magari riesci a immaginare un dove e un come.
Non vivo più lì da nove anni, ma so che elezione dopo elezione la destra guadagna voti. È una cittadina dalla lunga tradizione compagna, durante gli anni di piombo la chiamavano la Stalingrado dei monti Lepini.
Sicuramente sarebbe cambiato qualcosa se fossi stata ricca, o se fossi arrivata da un paese "figo", dubito che la compagna di scuola francese avrebbe ricevuto lo stesso trattamento, ma sono illazioni.
Madonnafreeeda come nasce? Subito coi meme?
Nasce nel 2020, gestivo i social della mia rete di collettivi, sotto lockdown era diventato imprescindibile essere presenti e raggiungere persone tramite instagram, spesso avevo idee di cose da scrivere che però esulavano dai temi dei collettivi, e avevo iniziato a covare l'idea di aprire una pagina. La prima idea è stata quella di una pagina parodia di Freeda, feci un primo post spiegone del perché una startup che ti parla di libertà dei peli per venderti (ma solo se vuoi) i rasoi non avesse nulla di femminista, proseguii con qualche remix di loro post cambiando i copy ecc, mi stancai in fretta.
Tentai qualche altro post di opinione, ma avevo ventuno anni e nessuna voglia di litigare con internet, intuivo che il meme (in senso stretto all'inizio) era un modo molto più divertente e provocatorio di veicolare messaggi. D'altronde chi ha voglia di leggere papiri non apre instagram.
La forma attuale non saprei nemmeno più come definirla, sicuramente attingo a una cultura e a un linguaggio memetico, ma alla fine del giorno sono solo una che scrive cose su foto molto tumblr (c'era una pagina bellissima che si chiamava cose molto tumblr, è un po' che non la vedo).
Eh esatto, mi sembra proprio che tu stia in una terra di mezzo tra il meme e uno stile autoriale, è un po’ come se fossi un media trasfigurato, che non si limita a diffondere notizie e opinioni, ma una versione masticata, strizzata e ripassata in un’ironia dissacrante delle tematiche che ti interessano.
Ci sono molte pagine di creator che memano in uno stile tutto loro, ma mi sembra che si vedano tutte un po’ come un’azienda, cioè come produttori di contenuti che hanno un pubblico ben preciso, e che a questo un po’ devono ubbidire o quantomeno stare attente.
Qui invece, e parlo sia da parte del tuo pubblico sia (ci provo) da osservatore esterno, mi sembra che il tuo seguito sia una conseguenza più che un fine.
Secondo te chi ti segue cosa cerca?
Secondo me (ma è una risposta viziata da tanti feedback) cercano qualcuno che metta in parole quello che sentono ma non sempre riescono a veicolare. La cosa che ho sentito più spesso è "scrivi quello che pensavo ma che non sapevo come dire". Il che è molto buffo perché le cose che scrivo sono molto poco pensate e ruminate, mi lascia sempre perplessa come la prima cosa che mi viene in mente sia per altri "quella cosa che non sapevo come esprimere".
Poi credo anche (ma di questo non ho prove) che spesso le persone si autocensurino, come se avessero bisogno del permesso per essere completamente oneste. A volte mi succede di pensare una cosa ma di pensare anche che non è opportuno dirla. Poi la dico lo stesso e mi rendo conto che attorno ho tante altre persone che condividono ma che non lo avrebbero detto per lo stesso timore, quello di essere inopportune, fuori luogo, sole.
E penso succeda un po' anche con la pagina.
Magari si sembra cattivi e inopportuni a dire "oh no biden è malato, gli sta bene". Mentre è più "accettabile" condividere madonnafreeeda che scrive "Biden vada a curarsi nel reparto oncologico bombardato da Israele con i soldi americani". Non so, non sono un'esperta di comunicazione, ho un sacco di domande e nessuna risposta, ma ad esempio mi chiedo spesso anche perché le persone stampino i miei post e se li portano in piazza, su striscioni, addirittura su muri.
Io quando dovevo fare gli striscioni cercavo "citazioni su xxxxx" su google, non so in che momento abbiamo iniziato ad attingere alle pagine.
Ok qui si aprono un sacco di deviazioni e temi che val la pena di approfondire. Ci provo senza una mappa e spero di non perdermi
Eh lo so pure io vorrei capirne di più ma sono circondata o da gente che mi odia o da gente che mi osanna e nessuna delle due categorie è utile alla mia comprensione.
Ricordo che un meme tuo che mi ha turbato è stato in occasione del sequestro di Cecilia Sala, stavo per commentare “qui hai cacato fuori dal vaso”, ma prima di premere Invia mi sono chiesto quale fosse il vaso, a chi appartenesse, chi decidesse qual è il dentro e quale il fuori. Un meccanismo che noto spesso è che i meme fanno sempre ridere finché non lo fanno più. Un po’ è il vecchio discorso della satira, di fino a dove può spingersi e dove no (se hai trovato una risposta tua mi piacerebbe saperla), e un po’ è anche chiedermi se esista una differenza tra memare e fare satira. Cioè un meme è solo un medium e la satira un genere? O sono due generi distinti? Alla fine ti commentai che il meme è meme anche quando lo trovi fuori luogo, e penso davvero che debba godere di qualcosa di simile alla sospensione dell’incredulità che definirei sospensione dell’offesa. Però la mia vera domanda è questa: visto che hai detto che madonnafreeeda è il posto in cui ci va la parte del tuo pensiero che non troverebbe asilo da nessun’altra parte, secondo te uno spazio di sincerità cruda come questo fa bene alle cause in cui credi? (Per quel che vale, io credo di sì).
Perché appunto è bello condividere un meme quando ti ci ritrovi e dice una cosa che pensi. Ma quando ti turba o ti fa incazzare, ma viene da valori che condividi, ti obbliga a chiederti se forse perdi le elezioni perché la fai sempre un po’ troppo semplice.
Ricordo anche io il tuo commento! Quello rientra nella categoria dei meme che faccio fatica a chiamare meme, era un testo, senza neanche immagine, senza nessun sottotesto ironico. Dove può arrivare la satira sta molto, secondo me, alla sensibilità di chi la fa e se ne prende le responsabilità. Ricordo vagamente il clamore mediatico attorno a Charlie Hebdo nel 2015, erano tutti Charlie Hebdo, ma lo erano solo perché quel tipo di satira non colpiva direttamente loro, o qualcuno a loro vicino. Quando è morto il papa ho condiviso una vignetta di Hebdo, molto blasfema. Qualcuno si è indignato, a riprova del fatto che siamo tutti Charlie finché non lo siamo più. Su cosa è opportuno o inopportuno fare satira (o meme) è un dibattito fortemente intriso di moralismo religioso. Il pudore attorno alla morte (o suo rischio), alla malattia, alla sofferenza, ha una matrice alla quale non riconosco nessuna autorità. A volte mi sembra che le persone si sentano più offese dalla violenza delle parole con cui si denunciano violenze che dalla violenza stessa.
Secondo me meme e satira si intersecano, la satira ha anche altre forme e il meme spazia in tutti gli argomenti, ma di nuovo, non sono un'interlocutrice accreditata.
Non lo so, credo che i fenomeni sociali abbiano bisogno di essere osservati nel tempo, studiati a posteriori. Io credo di aver partecipato al dibattito né più né meno di qualsiasi utente twitter, solo che i miei tweet, per forma o per contenuto o per entrambe, hanno raggiunto più persone, a volte rafforzando quello che già credevano, a volte ispirando riflessioni, a volte convincendo, a volte allontanando. Penso, e si dia pace chi è convinto di essere chissà che Libertà che guida il popolo, che nessuna persona con la sua sola opera faccia davvero del bene o del male alla causa da sola. Che sia una pagina di meme, un album, un libro, un film: per quanto il messaggio possa essere forte, chiaro, condivisibile, magistralmente veicolato con tutte le tattiche note agli esperti, nessuno è indispensabile. Se madonafreeeda non esistesse avreste semplicemente altre frasi su quei due tre cartelli in manifestazione, lo spazio che occupa sarebbe occupato da qualcos'altro. I detrattori dicono che i social ci rendono cattivi, io dico che vent'anni fa si diceva lo stesso dei videogiochi. Ne riparliamo tra almeno vent'anni.
Mi piace turbare le persone, proprio da un punto di vista scientifico, è come lanciare un sasso in acqua e vedere la superficie incresparsi ogni volta come se fosse la prima.
Ecco a proposito di questo, dato che sono ossessionato da questo tema e da come la scrittura triggera le teste delle persone: hai idea di come funzioni nel tuo caso? Hai scoperto schemi, meccanismi che toccano nervi scoperti? Riesci a prevedere questa cosa? Anche nel modo in cui le immagini che scegli dialogano col testo.
Prevedere no, ma a posteriori, analizzando i dati quando la bua è guarita, i trigger più efficaci riguardano argomenti attorno ai quali c'è della dissonanza cognitiva. Quelli su cui sappiamo sotto sotto di essere placidamente complici del problema esposto, ma ammettere la contraddizione (non uscirne, semplicemente prenderne atto) costa troppo, mentre rovesciare il tavolo è un'uscita di scena più decorosa. Successe tantissimo quando scrissi "se tua mamma cucina e pulisce mentre tu stai sul divano fai schifo". Frotte di uomini inferociti. Scherzo sempre dicendo che sono il 20% dei miei seguaci e il 100% dei miei rompicoglioni. Ma è vero. Succede anche quando parlo di veganismo a persone onnivore, di gentrificazione a persone che sono appena state in airbnb, di neocolonialismo verso i paesi poveri a chi mi dice che è appena tornato dell'Albania (sono di lì). Mi è capitato più di una volta che mi dicessero "quel tuo post mi ha fatto sentire attaccata perché sembrava parlare di me. Poi mi è passata la rabbia e ho capito che ero d'accordo."
Non so perché succeda, di sicuro non lo faccio apposta, ma ho sempre avuto un modo di esprimermi che fa sentire le persone messe all'angolo, ben prima della pagina, anche al di fuori delle questioni politiche.
Per citare Taylor Swift, "got a long list of ex lovers, they'll tell you I'm insane". Nel mio caso they'll tell you che ho la lingua affilata, ma forse è veramente solo perché sono scorpione.
Scorpione pure io
Grazie Plutone per averci fatti così magnetici.
Segue un siparietto che non è il caso di condividere, in cui rimembriamo il famoso gancio del “fatti la partita IVA” di cui parlavo nell’introduzione, e quindi lei arriva a dire:
Potrai dire di essere la musa ispiratrice di molti meme sul commercialista, "that's my daughter".
Ma a proposito di questo, parliamo di creator economy. E cioè, parliamo del fatto che nel sistema della comunicazione ormai i creator sono al centro, i brand pagano, i contenuti girano, le persone li valutano e in certi casi li comprano, insomma, questo tipo di sistema io lo guardo da fuori: sono (o forse ero) un copywriter, scrivo letteralmente per altre persone, o vendo idee e strutture ad altri. Poi certo ho idee mie, pensieri miei, contenuti miei, ma non sono mai stato un creator. Tu invece lo sei, nella misura in cui hai creato un pubblico sui tuoi contenuti, che hanno uno stile e un codice personale. Ora, partendo dal presupposto che sarebbe sacrosanto che tu ci mangiassi e ci pagassi l'affitto con queste cose, tu come la vivi la cosa?
Ormai diversi anni fa, quando ancora avevo pochissimi follower, feci un post che diceva più o meno "non ho mai capito le sponsorizzazioni, perché dovrei accettare consigli da chi è pagato per darmeli?". Per essere spendibile in questa economia bisogna avere una certa immagine, allontanare ogni rischio di danno di immagine. Non ho mai pensato di ripulirmi o cambiare tono per essere sponsorizzabile, non ho mai pensato mh vabbè fammi selezionare i temi e i modi appetibili a chi c'ha i soldi, al massimo ho pensato che se proprio finissi sul lastrico mi arrenderei a vendere i gadget che mi chiedono sempre. Allo scorso festival del meme una portavoce di un'agenzia presente mi ha chiese con che brand mi piacerebbe lavorare. In risposta alzai le sopracciglia, lo pensai ma non lo dissi: nessuno. Quindi me la vivo così, che se trovo progetti interessanti e con valori condivisi sono ben disposta a lavorare dietro le quinte, ma come creator penso di essere davvero immune a ogni tentativo di acquisto, nessuno vuole farsi sponsorizzare da chi passa dall'aborto libero alla Palestina.
Ho avuto un'idea folgorante un giorno, ispirata dallo iettatore di Pirandello, ho pensato che potrei farmi pagare dai brand per non associarli a me. Purtroppo mi hanno detto che configura reato, ma era un'idea geniale.
È una bella idea, d'altronde il sistema non lo cambi rispettando le leggi.
Ti dirò, il mondo della comunicazione è una specie di inferno in terra. Ritmi insensati, narrazioni tossiche, maschilismo e strutture patriarcali, capitalismo venerato. Assomiglia molto a una versione per regaz della consulenza aziendale, a cui le persone giovani si avvicinano con il desiderio di fare un lavoro creativo, cioè trasformare in un reddito un talento o una passione, per poi finire sotto una pressa industriale metaforica, e soprattutto per rendersi conto di aver sacrificato tutto di fronte a un mestiere futile. O meglio, il modo in cui è impostato è futile. Il brand che deve spendere un budget e colpire un target e quindi paga idee di comunicazione il cui unico scopo è vendere un prodotto che è una scatola vuota, cioè il 90% di ciò che arriva sul tavolo delle agenzie, è il futile che porta poi i lavoratori della comunicazione sull'orlo della depressione per mancanza di senso. Potrei stare parlando del mio vissuto come no.
Peso, pensa che sempre al festival del meme agli speed date con le agenzie pensavo "wow questa è gente con metodo e competenze".
Il tizio dell'agenzia delle entrate che mi ha registrato la partita Iva mi ha detto "cosa fai, la copywriter? Lo ha fatto per anni un mio amico, ma dice che le idee le aveva fino al 34 anni, poi bisogna iniziare a sfruttare le idee dei giovani sottoposti". Incoraggiante, davvero. “Guardi scusi ho combinato idea lasci perdere non lo voglio il codice Ateco”.
Ma il punto è che invece la comunicazione, come idea, è tutt'altro che futile. E da disilluso resto convinto di fare un lavoro abbastanza delicato, perché è vero che dire la cosa giusta al momento giusto può cambiare le azioni delle persone. E insomma io ho l'impressione che la creator economy stia un po' spostando i pesi. Le persone continuano a comprare i prodotti, ma ascoltano molto più i creator dei brand. I brand lo sanno, e quindi stanno cercando di far entrare i loro prodotti nei contenuti dei creator, ma per farlo devono lasciare a loro il controllo, e quindi devono dargli più libertà, più autonomia.
Mhh so poco, dovresti farmi degli esempi.
L'esempio sei tu, in realtà.
Quello che dico è che oggi non se ne esce: nella tua situazione o tu ti svendi totalmente, oppure è un brand che per entrare nel tuo recinto deve cederti il controllo totale. Questa cosa, ti posso confermare, è completamente nuova.
Interessante.
Ma secondo me è un po' perché è più facile farsi un seguito e costruirsi un'identità come singole persone piuttosto che come brand (illazioni mie).
E allora magari è più facile sperare di mangiare una fetta di torta di qualcun altro piuttosto che cucinarsi la propria?
Questo sicuro, o meglio, tante agenzie delegano il lavoro ai creator un po' anche per pigrizia, ma la verità è che a nessuno interessa davvero cosa dice un brand, invece cosa dice una persona sì.
Ma possiamo dire che ci sia anche la tendenza inversa?
Un sacco di creator che si aprono il loro brand. O ancora, soggetti che raggiunto un numero cospicuo di follower pubblicano libri che se avessero avuto il profilo privato con duecento amici non avrebbero pubblicato manco di tasca loro. Niente toglie che possano essere anche testi validi, ma mi deprime sinceramente sapere che se domani ho un'idea di merda per un libro 10 su 10 un editore che me lo pubblica lo trovo, solo perché ho già un pubblico. Domanda super gettonata: "ma non ti hanno mai proposto di scrivere un libro?" No, per fortuna.
Ti farò un esempio, che è un po' anche l'elefante nella stanza finora. Questo:
Damn it ahahah questo mi fa sentire molto su aforismi.it
Probabilmente il tuo "pezzo" (posso chiamarlo così?) più noto. Per me, nella mia coscienza maschile, esiste un prima e un dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin, sarà perché vivo a 20km da dov'è successo, ma ricordo proprio uno squarcio nella mia testa nel rendermi conto che nella mia vita ho fatto più o meno tutto quello che ha fatto anche Turetta, tranne uccidere. Ma cosa differenzia me e lui? Una sorta di mostruosità innata? Non penso. Una famiglia più o meno presente? Nemmeno. Un disagio più o meno forte? Nemmeno questo. La differenza tra me e lui forse non esiste, e questo fa una paura che non ti so spiegare. Alle manifestazioni a cui ho partecipato poi mi sono reso conto che appunto questo sentimento della rabbia era pervasivo, mentre al lutto di solito si associa la tristezza. Probabilmente quel testo che hai scritto e che infatti hanno ripreso praticamente ad ogni (sigh) femminicidio ne era la sintesi più cruda e bruciante. Non ti nego che ho compreso quello che stava succedendo, il senso del Notallmen anche grazie a quelle parole. Cioè è a questo che secondo me serve la comunicazione.
In parole povere, la mia domanda: ti rendi conto di avere un superpotere?
Not really, lo so che pare che voglia fare la modesta ma vale quello che dicevo sopra, spesso quello che scrivo è la prima o la seconda cosa che mi viene in mente.
Nel caso di questo specifico post, che più che meme è una sorta di manifesto, covavo la prima frase da giorni, non l'avevo pubblicata perché mi sembrava incompleta. La chiosa è nata nei minuti dopo la notizia del ritrovamento di Giulia, ma francamente mi è esploso tra le mani, non pensavo avrebbe avuto così tanta risonanza.
E te dirai: esatto è proprio quello che uno intende con superpotere.
Ma non lo so controllare.
Cioè se mi chiedi di scrivere una cosa efficace su qualcosa difficilmente mi viene.
Ha talento ma non si applica.
Quindi insomma, ora che sei nel meraviglioso mondo della comunicazione e con un magnifico codice ateco, di cosa ti occupi e che piani hai?
Sono al buio totale. Come al solito aspetto di avere l’acqua alla gola prima di muovermi. Mi guarderò intorno.
Devo farti una domanda che è un po’ la sintesi di tutte le ultime cose che ci siamo detti. Secondo te che rapporto c’è tra il lavoro e il modo in cui pensi e scrivi? (e quindi tra il lavoro e madonnafreeeda).
Un tema che nei meme affronti spesso.
Io ho sempre fatto lavori che non c'entravano nulla però, e ancora li faccio in parte, perché fare una cosa per bene se ne puoi fare dieci male?
Il rapporto che c'era prima, quando facevo lavori non creativi, è che mi portavano via tempo che sottraevo al mio hobby creativo, passavo ore a fare qualcosa per cui non avevo alcun interesse, e non vedevo l'ora di tornare a casa.
Ho fatto sia lavori in contatto col pubblico sia lavori solitari, in entrambi i casi sentivo di dover mettere in scena una persona diversa da quella che volevo. Devi essere disponibile e sorridente con i clienti, devi essere seria ed educativa con i ragazzi, devi essere efficiente e veloce quando sei da sola, finire il carico di lavoro e disturbare il meno possibile. Quando scrivo cose, quantomeno mi sento di poterci mettere qualcosa che mi somiglia.
Tutti i lavori che ho fatto sentivo che poteva farli chiunque e nessuno si sarebbe accorto della differenza
Ed è un po' quello che mi spaventa del futuro, finire a non vedere l'ora che finisca la giornata di lavoro. Che non è una colpa, un sacco di lavori potrebbero essere più coinvolgenti se solo non si venisse trattati come ingranaggi, o l'ultima ruota del carro.
Non so se è il destino di qualsiasi cosa che diventa un lavoro, mi tengo le porte aperte, ma al momento scrivere sul mio divano è il lavoro più entusiasmante che abbia mai fatto.
Madonnafreeeda è una pagina Instagram pensata e gestita da una persona di cui ignoro nome, connotati e generalità, e da pochissimo anche una newsletter in cui il suo talento per la scrittura emerge in modo diverso ma che consolida quanto già si intuisce dai meme. Ma probabilmente, se state leggendo qui, lo sapete già benissimo.
Io sono d'accordo praticamente con tutto quello che dire, domande e risposte. In questo mondo virtuale, eccetera ecciotera, anche se non ci conosciamo vi voglio bene.
Solo una cosa penso che non va, ma non riguarda solo Madonnafreeeda perché è piuttosto invece un discorso più generale, mi sembra: ma perché non ci prendiamo le nostre responsabilità quando abbiamo oggettivamente un talento cristallino o un potere, per quanto piccolo (perché i poteri veri non ce li danno certamente a noi)? Mi ci metto pure io dentro. Chiedo anche a me stesso: ma perché? Che cazzo c'abbiamo, un trauma collettivo dell'insicurezza? O è disillusione così totale che investe tutto? O cos'è? Sono sincero, non lo capisco, non fino in fondo almeno.