La mia maturità è stata un disastro
Sul rifiuto di farsi valutare all'esame di Stato, e in generale la cancellazione del trauma.

Allora, metto in fila qualche pensiero richiesto letteralmente da nessuno sulla questione dellə studentə che si sono rifiutatə di sostenere il colloquio orale forti di un punteggio che già lə qualificava alla fase eliminatoria del torneo, cioè l'università o il fantomatico "mondo del lavoro".
Il mio primo argomento ideologico è che è degna di esistere e persino giusta qualsiasi cosa faccia incazzare Valditara, e provochi l'alzata di scudi del genX/boomer di turno che "ai suoi tempi" si è comportato con molta più dignità (spoiler: non ha fatto la stessa cosa solo perché ai tempi era normalizzata e persino incoraggiata la violenza domestica per insegnare l'educazione, e quindi detta in lingua popolare il padre j'avrebbe menato).
Sono consapevole che il sistema dei voti, dei calcoli, della riduzione del percorso educativo a una serie di valutazioni desunte da una griglia che vanno a comporre una media che va a definire poi un numero che non vuol dire un cazzo paragonato allo stesso numero di un'altra persona con un altro consiglio di classe con un'altra scuola che al mercato mio padre comprò, -prendo fiato- ecco sono consapevole che questo sistema abbia più limiti che aspetti funzionali.
Dopodiché, dopodiché (ripetuto alla Barbero), sta emergendo un racconto della scuola e dell'educazione che spesso prende fischi per fiaschi, e cioè le attenzioni per carezze, l'umanità per condiscendenza, la salute mentale per assenza totale di scocciature. Anche in un recente post molto critico nei confronti di Scuola Holden, che parlava di un'esperienza molto segnante in un percorso didattico disorganizzato ed estremamente costoso, quello che emergeva di più era un lato emotivo di essersi sentiti emarginati, trascurati, lasciati soli nell'esperienza di apprendimento, ma stiamo parlando di una scuola privata professionalizzante (o cosiddetta, su questo le discussioni sono ampie e giustificate), ma insomma, Scuola Holden può essere un luogo che si approfitta del sogno delle persone di vedersi riconosciuto il titolo per fare un lavoro creativo nell'industria culturale, che si insinua nel desiderio di far leggere le nostre creazioni a qualcuno che abbia un qualche peso o potere decisionale in quest'industria, che in quanto azienda prima che scuola provochi fragorosi bagni di realtà o a volte clamorosi abbagli ingiustificati.
Ma non è certo Scuola Holden un luogo in cui si va per farsi degli amici o per formarsi una propria coscienza. Quelle due cose si suppone siano avvenute già negli anni precedenti, e sono fardelli che appartengono alle scuole pubbliche e culminano nell'esame di stato.
Però il sentimento che sta emergendo è lo stesso: c'è un rifiuto generalizzato e sistematico del trauma. Che però sta trasformando ogni prova da affrontare in uno spettro, e quindi la possibilità del trauma prima che si realizzi diventa il trauma stesso.
È chiaro che essere giudicati nel giro di 3 prove scritte, mezz'ora di orale e qualche punto racimolato nel totale del percorso dia una panoramica molto limitata di cos'è stato il nostro percorso scolastico. Quindi il discorso dellə studentə è stato, grossomodo: se la mia preparazione è solo un calcolo, allora i miei calcoli io li ho già fatti, e arrivederci.
Nella loro testa hanno usato un'arma puntata contro di loro girandola contro la commissione.
Ora, a nessuno piace vivere i traumi. Però i traumi non li possiamo cancellare dall'esistenza.
La mia "maturità" come si chiamava allora è stata un incubo. Avevo tenuto per 5 anni una media alta, anche se per la verità quella media non rispecchia poi una mia vera preparazione (ho conoscenze matematiche ridicole, non ricordo nulla di filosofia, fisica e chimica sono dei lontani echi nelle mie sinapsi), poi tutto è collassato negli ultimi mesi in cui sono crollato sia come persona che come studente, e ho fatto 3 scritti appena sufficienti: 11, 11 e 12. Poi l'orale, un 34 in linea con la mediocrità del resto delle prove, per uscire con un 78, di molto inferiore al voto di compagni di classe che avevano avuto il debito sistematico e che alla mattina copiavano i compiti non fatti dal mio quaderno.
È chiaro, o almeno è stato chiaro a me, che il sistema dell'esame di stato mi abbia penalizzato, perché ha fotografato forse il mio momento di peggior forma in cinque anni, e ho passato tutto il mio percorso successivo a chiedermi se valessi quel 78, o valessi di meno, o valessi di più. A farmi insomma una domanda sbagliata.
Cosa vuol dire questa cosa? Che se lo rifacessi altre 10 volte prenderei 10 volte un voto molto superiore? Credo di dover dubitare di questa tesi.
Potrebbe voler dire che l'enorme pressione di dover sostenere una prova molto importante della mia vita mi abbia schiacciato. Potrebbero centrare problemi extrascolastici che però sono sempre da mettere in conto in un periodo in cui la tua vita è soprattutto la tua scuola. In ogni caso io ho avvertito una forte frattura tra lo studente che pensavo di essere e la valutazione di quell'esame, e quella frattura si è trasformata in un trauma enorme per me, talmente grande che ho provato a cancellare ogni rapporto tra me e quella scuola, ma alla fine mi sono trovato a scriverne la cosa più lunga che abbia mai scritto quasi 20 anni dopo.
Adesso non voglio ridurre tutto questo discorso a uno stucchevole "questo trauma mi ha insegnato qualcosa", "questo dolore mi è stato utile" perché mi rendo conto che la prospettiva diacronica sia sempre poco consolatoria per chi vuole una risposta subito a una cosa che sta vivendo ora, e all'epoca ho passato settimane con l'amara sensazione di aver buttato il mio percorso scolastico alle superiori, scaricando le colpe su professori disumani, compagni di classe avvoltoi, e infine colpevolizzando me per aver in fondo scelto la scuola sbagliata, come se scegliere le scuole superiori in modo lucido e misurato fosse possibile per uno che ha appena finito la terza media.
Fatto sta che questo trauma, che ci ho messo anni a processare, e con il quale ho ancora diversi punti in sospeso, non è stato causato da un sistema scolastico inteso come una lobby, da una supposta ipercompetitività o dal culto della performance. Nessuno dei miei professori, per quanto competente o odioso io l'abbia considerato, si è mai sognato di mettermi contro un mio compagno per il gusto di vederci scannare l'un l'altro manco fossimo a Reazione a Catena. La prima volta che ho sentito parlare di performance, produttività e altri grandi miti e divinità pagane del capitalismo è stato quando sono uscito dalla scuola per entrare nel già citato e assai più disfunzionale mondo del lavoro, che all'inizio invece è davvero una zona franca di soprusi, sensi di colpa indotti e logiche da combattimento dei galli.
Alcuni dei miei professori sono stati disumani, nel senso che hanno dimostrato che di me, o del mio percorso, non gli è mai importato davvero nulla. Esistono i professori così. Esistono anche i professori che invece a questa cosa tengono molto, ma questo non può fare di loro dei terapeuti, né può impedire loro di assegnare un voto corrispondente all'effettivo momento di verifica.
A scuola scopriamo che non tutta la nostra interiorità è visibile, non tutte le nostre potenzialità sono chiare né a noi né tantomeno agli altri, e che a volte le ingigantiamo pure. A scuola scopriamo che siamo percepiti in modo diverso da come ci percepiamo noi, e che di molte cose nostre gli altri non sanno che farsene. I momenti in cui lo scopriamo sono quei momenti in cui qualcuno deve darci un voto per aver messo in fila male o bene dei concetti contenenti delle nozioni che siamo tenuti ad apprendere. È facile e molto scivoloso far coincidere il voto con un giudizio alla persona, capita di continuo sia nei nostri pensieri sia nelle parole improvvide di un professore che ci commenta distrattamente. Se questo è il sistema che gli studenti contestano rifiutando di sostenere l'orale, qual è l'alternativa? Io ci ho pensato per anni, e non mi sono mai dato una risposta.
Vorrei evitare che si pensi che siccome la mia esperienza è stata diversa da quella di Maddalena allora io stia ponendo la mia come vera e la sua come falsa. Anzi, il fatto è che io non posso lucidamente affermare che qualche professore mi abbia del tutto trascurato e ignorato per occuparsi solo di darmi un voto, e tuttavia un trauma l'ho avuto lo stesso.
La rimozione del trauma dallo spettro del possibile sta creando la cancellazione di ogni discussione, del problematico, l'imposizione di una sensibilità unica e il più possibile inclusiva, quando è normale che ne esistano molte e abbiano tutte, in misure diverse magari, una ragione di esistere. Però la salute mentale non può diventare questa roba qui: non può diventare il potersi permettere di imporre qualunque cosa, ma il non accettare che ci venga imposto alcunché. Non può diventare un'autoassoluzione completa e totale nel nome dell'essere ok, del normalizzare, dell’essere accettati così come siamo senza alcuna discussione.
È sparita dall’equazione la vergogna, l’accettazione del fallimento, la realizzazione di non aver fatto abbastanza o non essere riusciti in qualcosa, è scomparso il senso di colpa, il dubbio che forse nei nostri traumi un qualcosa ce lo abbiamo messo pure noi e va benissimo così anzi per fortuna siamo un po’ artefici del nostro destino per quanto glorioso o infame.
La salute mentale dovrebbe essere imparare a convivere con la propria fallibilità senza che la cosa danneggi noi e gli altri. Forse non c'è un momento e un ambiente in cui la cosa può avvenire in modo più sicuro per noi che a scuola, quando veniamo valutati con un sistema fallibile, obsoleto, ma che poi ci lascia tutti gli strumenti per riprendere in mano quel trauma e decidere cosa farci negli anni successivi.
Detto ciò, io so fino a un certo punto di che cosa parlo, perché non entro in una scuola da 19 anni ormai quasi, credo che molte cose siano cambiate.
Tra alcuni anni che a me sembreranno mesi dovrò mandarci mio figlio, e solo al pensiero di come le valutazioni e le aspettative lo faranno stare male, dei professori poco competenti che potrebbe incontrare o dei compagni stronzi che conoscerà mi viene da vomitare, sto temendo un trauma e lo vorrei rimuovere negandolo, ma immagino che non sia possibile e dovrò fingere che lui capisca che è per il suo bene, al prezzo di farmi detestare io stesso, spero per un periodo abbastanza breve.
Sto esagerando, sì. Il punto forse è questo: che sulla scuola esageriamo sempre.