Appunti da due anni in cui ho gestito un team.
Una lista di cose che mi mancano e di cui sono grato.
Fino a un paio d'anni fa ho fatto il responsabile in un team di quindici persone in un'agenzia di comunicazione di oltre centocinquanta. È durata due anni, è stata la mia prima esperienza di questo tipo, e nonostante mi abbia consumato ne ho amato ogni secondo, dall'inizio elettrico, iperattivo e spaventato, a soprattutto la fine, quando mi sono reso conto che ne stavo raccogliendo i frutti.
Ho interpretato il ruolo non in senso di controllo e sorveglianza, ma in termini di supervisione qualitativa: in sostanza, mi sono sempre disinteressato degli aspetti quantitativi e organizzativi un po' perché mi sentivo un pagliaccio a pretenderlo da loro quando non riuscivo a garantirli neppure a me stesso, e un po' perché ammetto candidamente che molte cose di cui dovevano occuparsi andavano oltre le mie conoscenze. Sapevo che potevo aiutarli a innalzare la qualità delle loro idee, a trovare una via per ragionare meglio e scrivere meglio. Perché a me interessava che il team funzionasse, ma più ancora mi interessava che fuori dall'ufficio traessero benefici da ciò che avevano sperimentato dentro, e se passare 8 ore ogni giorno della nostra vita ad arricchire qualcun altro ha un minimo senso, mi piacerebbe che fosse questo.
È di certo la cosa che ho fatto per lavoro che mi ha dato di più, e mi ha permesso di costruirmi come persona. Ho imparato tante cose, le ho messe in fila qui in un ordine casuale e ragionato. Nonostante possano suonare come dei comandamenti, giuro che non lo sono. Sono più che altro delle note-to-self. Talvolta ho fatto l'esatto opposto delle cose che riporto, prima di rendermi conto che stavo sbagliando tutto.
Sono peraltro pensieri che si applicano alla mia specifica situazione, in cui avevo una buona libertà di movimento (o un sostanziale disinteresse) da parte dei miei superiori, un sostegno incondizionato e sincero da una collega e mentore che si chiama Anna, che aveva tutte le qualità che io non ho e forse non avrò mai e che mi metteva a disposizione così, come se fosse la cosa più naturale del mondo; e soprattutto era un team giovane, fresco, inconsapevole, ancora poco disilluso; composto da persone in cui puoi rivederti con un po' di nostalgia, a volte con un po' di invidia, altre con pura ammirazione.
Ho pensato a lungo se mettere un titolo clickbait, tipo "le dieci cose che ho imparato..." oppure "Dieci cose che avrei voluto sapere prima su...". Ma alla fine sono solo cose che mi sono appuntato, che non so nemmeno se siano applicabili e replicabili, e in fondo non avrei affatto voluto saperle prima, perché scoprirle da solo è stato il senso esatto di tutta la questione.
Se non conosci le persone che stai gestendo, non le stai gestendo.
La prima cosa che ho fatto quando mi hanno messo su quella casella, e ho letto tutti i nomi che stavano dentro al mio insieme, è stato organizzare un incontro con ciascuna di quelle persone, one to one. Alcune proprio non le conoscevo, nomi e cognomi che non sapevo legare a un volto. Altre invece erano colleghi e colleghe già da mesi, forse anni, ma non erano abituate a vedermi come un responsabile, e io non ero abituato a vederle come team. Abbiamo dovuto conoscerci una seconda volta. È una questione di abitudine al dialogo: parliamo lingue diverse: gli stessi gesti, le stesse costruzioni verbali e le stesse premure possono voler dire cose opposte tra di noi, quindi meglio costruirsi un glossario il prima possibile, e farlo in privato. Perché le plenarie top-down fanno risparmiare un sacco di tempo, che poi perderai a tentare di sciogliere gli equivoci che hanno creato, o a cercare il sostituto di qualcuno che ha dato le dimissioni per qualche stronzata che hai detto e che non intendevi in quel modo.
Assecondare desideri e inclinazioni di una persona le fa ottenere risultati che a volte vanno pure oltre le sue capacità attuali.
Quindi se questi desideri e queste inclinazioni non li conosci perché non li indaghi, ti stai perdendo un pezzo del puzzle.
Esistono progetti belli e progetti di merda.
Questi ultimi servono ad apprezzare di più i primi, quindi prova a bilanciare la schedule di ogni persona.
Se una persona del tuo team mostra paura di deluderti metti da parte il compiacimento e inquadra la situazione per ciò che è: un problema.
Perché fa piacere pensare che qualcuno tema il tuo giudizio, è inutile nasconderlo; ti farà sentire importante, ci penserai forse persino più spesso di quanto lo farà quella persona. Ma vuol dire che non sei stato in grado di trasmettere la serenità e la fiducia necessarie per fare un lavoro che, in fondo, è solo un lavoro, e come tutte le cose formative deve poter ammettere l'errore.
Sarebbe bello non dover mai mentire a nessuno, ma purtroppo ti troverai nella situazione di dover mentire a tutti.
I motivi possono essere diversi, il più delle volte saranno i tuoi superiori a metterti nelle condizioni di mentire. Dovrai mentire su una novità che hai saputo e che non puoi comunicare; dovrai mentire sulle tue reali intenzioni perché c'è un tempo giusto per ogni rivelazione; dovrai mentire sulle reali capacità delle persone quando te ne chiederanno conto, perché le persone vogliono la verità ma non sempre sono strutturate per sopportarla. Perciò una bugia detta al momento giusto farà molti meno danni di una verità detta nel momento sbagliato, e forse con questa cosa devi farci pace, perché a volte la sincerità serve più a te per lavarti la coscienza.
Le persone del tuo team ti mentiranno.
Non solo: sarai l'ultima persona a cui vorranno mostrarsi come sono, nudi e fragili. Ogni volta che ti confronti con una persona, aggiungi questo filtro all'equazione quando interpreti le sue parole. Se ti accorgi che una persona mente lasciala fare: non è lei che deve dirti la verità, sei tu che devi intuirla.
Se nel team ci sono persone più brave di te, hai vinto alla lotteria.
Credo sia piuttosto normale sentirsi frustrati, invidiosi, a volte persino minacciati dal talento delle persone più giovani di te. Ma se incontri un talento più grande del tuo questo non significa né che tu non lo possa maneggiare per farne un utilizzo saggio, né che chi ce l'ha sia in grado di gestirselo da solo per il meglio.
Averlo nel team significa che potrai trarne degli insegnamenti per te stesso, che potrai trasmetterlo ad altre persone meno dotate nel team, che banalmente ti potrà tornare utile per molti lavori.
Possiedo dei talenti che mi vengono riconosciuti. Alcuni sono concreti, spendibili, altri sono risibili, irrilevanti. Per esempio sono abbastanza dotato con la scrittura e nella tecnica dello screaming vocale. Ma sono anche bravissimo a imitare la vibrazione del cellulare sulle diverse superfici: il tavolo, il letto e una lastra di metallo. Poi ci sono altri talenti che vorrei tantissimo avere, e che semplicemente non ho, perché la genetica non me li ha dati, perché non mi sono esercitato a sufficienza per coltivarli, va' a sapere. La persona di talento che invidiamo invidia il talento di qualcun altro.
Meno una persona pensa al suo lavoro meglio lo farà.
Troveranno energie nelle cose che li fanno stare bene: guardare un film, fare fotografie, illustrare, suonare, leggere, cucinare, non fare un cazzo. Sono i momenti in cui diventano fuoriclasse in una piccola cosa che magari con il lavoro non c’entra niente. Se tu togli loro queste cose, se le sminuisci, se non le conosci, se pensi che siano semplici hobby e sfoghi, ti stai perdendo la vera fonte delle loro idee.
Vorrai piacere a tutti.
E lo farai o facendo il gentile empatico o lo stronzo terrorista inflessibile. Qualunque sia la scelta lo stai facendo per i motivi sbagliati. Ad alcune persone non piacerai comunque, sarai un ostacolo o una persona che mette a disagio. Accettalo prima di diventare una caricatura.
Non hai alcun controllo sulle persone.
Se non sai esattamente cosa stanno facendo le persone del tuo team, se sanno cose che tu non sai, se ti sembra che le loro capacità un po' ti sfuggano, se ti sembra che le loro task giornaliere ti sfuggano, rilassati: è così che deve andare.
Ti metterà ansia pensare che forse non hai la situazione sotto controllo, che non ce la fai a starci dietro, ma il compito di un responsabile non è verificare che un elenco sia compilato, è collegare le voci di quell'elenco anche quando sono lontane.
Il cazziatone è un momento duro, ma non deve essere un momento violento.
Se sgridi o umili una persona del tuo team davanti a tutto il team per fargli paura o mettere in scena una prova di forza, quello è l'esatto momento in cui fallisci come guida.
Se devi rimproverare una persona, è normale che tu abbia una tua tesi su come sono andate le cose. Ecco, nei primi minuti dimenticatela, e chiedi alla persona di raccontarti la sua versione dei fatti.
Se devi avere una conversazione difficile con una persona, o se la devi licenziare, dopo averlo fatto richiedi un feedback e non limitarti a darlo. Farà male e in certi casi potrà capitare di avere una risposta immatura. Ma dopo aver ferito qualcuno porgergli in mano l'arma può essere il loro primo mattone per la guarigione.
Chiediti sempre cosa una persona può leggere dietro alle parole che usi.
Perché qualcuno ne capirà solo il senso letterale, qualcun altro potrà costruirci un castello di cattive intenzioni e frustrazioni.
Ogni tuo gesto, ogni tua mossa, ogni parola che usi ha un effetto decuplicato sulla testa delle persone di cui sei responsabile, sia in positivo che in negativo. Perciò devi curare al dettaglio le comunicazioni via mail e via chat, e anche quelle verbali. Se ti vedono parlare in una stanza con una persona senza sentire nulla saranno in allarme, faranno pensieri e speculazioni assurde. Cerca di esserne consapevole, anticipa questi dubbi e queste voci, spegni il fuoco prima ancora che si appicchi.
Se per una persona non hai piani futuri, l'hai già persa, anche se in quel momento nemmeno quella persona li ha o li vuole.
E puoi anche sbagliare, prendere delle cantonate pazzesche, doverti ricredere, ma devi essere in grado di stabilire una direzione.
Per ogni persona del tuo team dovresti già poter immaginare un modo di farla uscire. In poche parole, devi pensare a quando e come la perderai. Devi spingerla fuori. E tante volte, piuttosto che lasciarla andare ti taglieresti una mano. Beh, tagliatela.
Per ogni minuto in cui vuoi parlare loro, ascoltali dieci minuti.
Se una persona del tuo team ti chiede di parlarti, prendila sempre molto sul serio, fissa un momento e arrivaci in orario, perché è molto probabile che dietro quella richiesta ci siano almeno cinque volte in cui ha rinunciato a chiedertelo per paura.
Condividi con loro le tue idee, la tua visione, i tuoi valori, le tue intenzioni ogni volta che puoi. Le persone vogliono sapere che il loro responsabile sa dove andare, che ha un piano, che semplicemente ha dei desideri. Potranno non essere d'accordo, ma sicuramente non tollereranno che tu non ne abbia.
Le persone amano raccontarsi e rispondere alle domande. Anche tu. Solo che tu non sei lì per quello. Non sei tu il punto.
Distingui tra sfidarli e scaricargli addosso un problema.
Mettili in difficoltà solo se hai una soluzione nascosta in tasca, già pronta, in caso di emergenza.
Non chiedere loro lavoro extra.
Fidati, si può fare. In questo settore non c’è niente di urgente, non c’è niente di straordinario, c’è solo disorganizzazione. Se costringi una persona agli straordinari significa o che hai calcolato male il tempo necessario per fare ciò che hai assegnato, o che non hai fornito gli strumenti adatti per farlo in quel tempo. Il momento in cui le persone crescono, migliorano e sviluppano qualità è quello in cui non stanno pensando a te e a ciò che hai dato loro da fare.
Se non puoi dare aumenti
dai alle persone un motivo per non chiederli. Ti sorprenderà quanto un ambiente di lavoro sano riduca la periodicità delle richieste economiche. Le persone di base chiedono soldi quando sono stanche di aspettare qualcos’altro.
Se invece puoi dare aumenti, dalli alle persone che secondo te li meritano e che vorresti tenerti prima che siano loro a chiedertelo. Se te lo stanno chiedendo, sono già a un punto in cui l'unica risposta che accetteranno è un sì.
Ti affezionerai alle persone che guidi, e vorrai essere loro amico.
Ecco, resisti alla tentazione e non lo fare. Lasciali liberi di andarsene senza che abbiano paura di farti un torto personale; lasciali liberi di scoprire che persona sei quando non sarai più il loro “capo”.
Funziona così: dovrai prenderti le loro colpe, ma guai se ti prenderai un loro merito.
Un giorno uno di loro farà un errore grosso, importante: sei lì per permettere che sbaglino, e che l'unica conseguenza a cui debbano pensare è che ti hanno messo nella merda, non che qualcuno nell'azienda che nemmeno li conosce pretenda la loro testa.
Un giorno uno di loro vincerà un premio o un importante riconoscimento. Mandaci quella persona a ritirarlo, stai indietro: se sai che è un po' anche merito tuo, l'unica cosa che conta è che sia quella persona a riconoscertelo. Resisti alla tentazione di vantartene con persone a cui, in fondo, non frega un cazzo dei tuoi successi.
Dai una forma e una struttura al tuo team, e poi chiudila a chiave.
Metti etichette, disegna schemi, sposta le pedine, immagina flussi, partizioni, insomma disegna il presente per provare a immaginare un futuro del tuo team: per farlo, sarà necessario ridurre persone a semplificazioni a volte banali, a volte svilenti. Ecco perché a loro questo disegno non dovrai mostrarlo mai. A te serve, a loro rovinerà una stagione.
Insegna loro a scrivere e a pensare, che poi sono la stessa cosa.
Se c'è una cosa che devi pretendere da loro, pretendi questa. Non hai idea di quanti modi avranno per salvarti la vita con il loro pensiero e la loro scrittura.
Chiedi scusa.
Sbaglierai un sacco di cose con loro. Chiedi scusa, prima che le scuse non le vogliano più.
Anche se “ci sei passato”, a loro non frega un cazzo.
Non cercare di manipolarli raccontando la tua vita, la tua esperienza, come andavano le cose "ai miei tempi". I tuoi tempi sono finiti, a loro non frega un cazzo se il loro problema ai tuoi tempi non esisteva o si mandava giù. Oggi esiste, e la soluzione serve oggi, al massimo domani. La tua esperienza serve a te come paragone per interpretare la realtà. Loro non se ne faranno niente.
Non illudere le persone.
Non promettere loro nulla su cui tu non abbia il controllo. Potrai avere la tentazione di far loro alcune promesse per portarli dalla tua parte, o anche solo perché a volte è bello sentirsi dei bravi leader, o dare belle notizie. Se puoi, spiega tutti i passaggi e le cose in gioco che li separano dal loro desiderio. Le risposte vaghe durano meno del pesce.
Hai una data di scadenza appiccicata addosso. Rispettala.
Quando non sei più in grado di farli crescere, quando non sei più in grado di proteggerli, quando ti accorgi che li stai soffocando, molla il timone, cambia, esci di scena. Per quanto tu abbia sempre cercato di fare del tuo meglio, arriverà un momento in cui sarai di troppo. Non solo cerca di non essere l'ultimo ad accorgersene, ma fai in modo di essere il primo.
Non c'è modo di sapere se stai facendo un buon lavoro mentre lo fai.
Magari il tuo team ottiene molti risultati, magari si tiene i clienti, magari il team cresce, magari quasi nessuno si dimette, non importa. Può dipendere da qualunque cosa. Tu non farai il responsabile di quelle persone per sempre. È quando smetti di esserlo e loro tentano di tenerti nella loro vita che puoi rilassarti e dirti che sì, probabilmente hai fatto un buon lavoro.
Una bella carrellata, difficile essere in disaccordo, sia nelle vesti di team manager che di gestito.
La teoria può aiutare, ma l'esperienza diretta fa sempre la differenza.